lunedì 5 marzo 2012

Le strade del mio paese...


Non  so  se  vi  è mai  capitato  di  camminare  per  il  Corso,  via  Roma  per  intenderci, venendo da Napoli in particolare nei giorni festivi... sono vari gli “ingorghi” che si percorrono e non si può far a meno di notare che tra “esposizioni” più o meno impertinenti dei commercianti sui marciapiedi e  parcheggi più o meno improbabili, ti rassegni a camminare per strada evitando di dover “slalomeggiare”, sperando che qualche automobilista non ponga fine alle tue pene.

In realtà l’ironia lascia  il posto alla rabbia quando osservi una  persona disabile che rinuncia a camminar sul marciapiede, preferendo anche lui, come te, la strada e il pericolo delle auto. 
Questa è ora la concezione dello spazio pubblico, che purtroppo è rientrata nell’abitudine e quindi ammessa come normale per i più.
Ma sarà mai possibile? 


Parto da lontano, perchè il problema va osservato nel suo insieme.
Le strade e l’esposizioni della merce sui marciapiedi è abitudine di antica fattura, già nel ‘600, o forse prima, i commercianti esponevano le loro mercanzie all’esterno per convincere il passante a comprare, in una sorta di marketing preistorico. 
Nei vicoli e nei rioni napoletani, così come anche nel mio paese, le strade un tempo, oltre che essere dei percorsi per veicoli e pedoni, erano anche luogo dove si svolgeva la vita, dove passava gran parte del tempo. Erano vive, la gente provava piacere “nello starci”. 

Ma se ci fermiamo un attimo a pensare alle strade del ‘600 possiamo intuire che le “macchine” non esercitavano quel forte “diritto ’esistenza” che richiedono ora alla “strada” e che quindi la fruizione dei marciapiedi e delle strade pedonali non era ostacolata o assediata dalle vetture e dallo smog cittadino. 
Nella città moderna si è perso il legame tra la gente e la strada, diventata territorio esclusivo dell'auto, dove il pedone si sente di troppo e non trova uno spazio per se. 


Allora, “perché” quando si sente parlare di“isola pedonale” si odono i commercianti rivendicare il diritto di  proprietà dei marciapiedi ed imporre la loro potestà economica sul vivere comune? 

L’abitudine e la tradizione (anche se anacronistica e sbagliata) resiste anche di fronte alla necessità di liberare i marciapiedi, senza 
contare che esponendo la propria mercanzia all’inquinamento, specialmente se di genere alimentare,  si va incontro ad una diminuzione 
del suo valore... E quindi le mie perplessità aumentano.  

Le strade sono sempre state concepite in due tipi differenti e opposti: quelle per la gente, che però non si costruiscono più, ma che sono ancora presenti nei vecchi borghi medievali, e quelle per le auto, ormai comunemente presenti in città.
Le prime si devono rispolverare, rivedere e quasi ricordare.
Le seconde possono mantenere la forma che hanno, per esse si può continuare ad usare l'asfalto sia per la carreggiata che per il marciapiede, tanto non verranno mai vissute finché vi passeranno le auto.  


“Prendiamo possesso della stanza poi usciamo nel parco. Le verdi terrazze digradano verso la Senna. Siamo stupiti di tanta bellezza e desiderosi di fare una passeggiata. Ma pochi minuti  dopo  eccoci  di  fronte  a  una  strada  sulla quale passano le macchine, facciamo dietro front.” M. Kundera 
 “Piazza ambiente delimitato e chiuso... Piazza delimitata e chiusa come una stanza... La piazza racchiusa come un soggiorno in una casa,  dove si fa mostra degli oggetti più importanti posseduti.” C. Sitte

Riflessione che non coglie l’idea della nostra “piazza”, dove lo spazio e la vita pubblica subisce la violenza del caos veicolare, così come Kundera non coglie l’idea della nostra villa comunale, isola “verde” (che oramai si avvicina al “giallo”) lasciata in completa solitudine in uno spazio urbano lontano ed  isolato che da solo ne impedisce la fruizione quotidiana. 

di a LARGE SPACE in a SMALL ROOM
Ma d'altronde questo è il mio paese, privo di ordine, e felice di offrire la sua bellezza per nulla, come una ragazza fresca e dall’incantevole bellezza diventata ora vecchia e sciatta, che trova piacere nel crogiolarsi del sapore dolceamaro del “ricordo” mentre appagata si concede a tutti, anche all’uomo più brutale e rozzo.  

Così il mio paese si è concesso all’ignoranza e alla stupidità, e se in passato le strade hanno fatto da scuola di vita, da “madri” generose verso i propri figli, non ci si deve lamentare se le generazioni attuali possono apparire prive di senso civico, perché questi sono figli di una “madre” ormai imbastardita.

Nessun commento:

Posta un commento